Bruno Corti è stato uno dei tanti artefici silenziosi ed operosi del cosiddetto miracolo industriale italiano. Bresciano doc, alla vigilia del conflitto mondiale è allievo ed assistente a Pavia della prima cattedra italiana di politica industriale internazionale nel nostro Paese. Dopo il servizio militare e la prigionia, viene liberato dagli Alleati e torna nell’Italia settentrionale occupata dove partecipa alla Resistenza nel comasco e nel milanese. Negli anni cinquanta, dopo aver affiancato alla carriera accademica l’attività sindacale a livello di categoria e nazionale, diviene direttore e poi membro del Consiglio direttivo della Comunità Europea per il Carbone e l’Acciaio, CECA, l’antesignana ed il modello di tutte le istituzioni europee attuali. Predecessore diretto della Comunità Europea, la CECA era nata con la missione di rifondare l’industria pesante, in particolare siderurgica, e l’industria mineraria europea in chiave pacifica, comune ed interdipendente. La CECA ha creato il quadro legislativo e la struttura di aiuti ed incentivi che hanno permesso la rinascita e l’affermazione dell’industria siderurgica italiana negli anni del miracolo economico.
Alla fine degli anni Sessanta Corti inizia l’attività di consulente internazionale specializzato nell’espansione all’estero delle industrie italiane, in particolare nei Paesi dell’Europa settentrionale e del Benelux; nonché, parallelamente, l’installazione in Italia di aziende multinazionali europee e statunitensi.
Diviene membro del Consiglio d’Amministrazione di importanti società internazionali in campo meccanico e della grande distribuzione.
Negli anni Settanta diviene il primo presidente della neo costituita FAID, la Federazione Associata Italiana Distribuzione, la prima associazione di settore italiana degli operatori della grande distribuzione. Viene nominato successivamente Segretario Generale dell’Associazione Internazionale Grande Distribuzione, l’Associazione rappresentativa internazionale di tutte le più importanti catene di supermercati e grandi magazzini europei e statunitensi.
Negli anni Ottanta diviene membro anziano della Camera arbitrale internazionale, l’associazione internazionale degli arbitri.

 

Sempre negli anni Ottanta, in quella che vede come logica continuità della propria storia personale di uomo d’industria, decide di impegnarsi in prima persona per salvaguardare il patrimonio storico dell’industria e della cultura materiale italiana, inteso come insieme dei saperi, delle tecnologie e delle testimonianze architettoniche legate alle attività produttive ed alla cultura materiale.
L’impegno nell’Archeologia industriale lo porta anzitutto a fondare la rivista “Il Coltello di Delfo”, che diventa la realtà più dinamica e il momento di rifondazione dell’elaborazione teorica della disciplina in Italia. La sua attività di riscoperta, valorizzazione e soprattutto coordinamento delle tante valide realtà ed iniziative locali nel campo dell’Archeologia industriale trova riconoscimento con la nomina a Presidente della Commissione per l’Archeologia Industriale costituita presso il Ministero per i Beni Culturali. Come ulteriore riconoscimento arriva anche l’incarico di elaborare la voce Archeologia Industriale per l’Enciclopedia Treccani. Linea guida programmatica dell’attività di Corti è stata la volontà di privilegiare la conservazione e la salvaguardia delle macchine, delle tecnologie, dei processi e delle culture materiali contro l’enfasi riservata alla conservazione degli edifici e dei contenitori legati alle attività produttive.
La visione di Corti era radicata nel rispetto dell’Archeologia industriale come storia, talvolta drammatica, di sapere e di uomini, lontana dagli interessi collegati alla salvaguardia di oggetti architettonici. Una visione quest’ultima che, in non pochi casi, aveva addirittura portato a vedere le macchine e le infrastrutture produttive, il vero cuore di ogni fabbrica, come un ostacolo da rimuovere per permettere il riuso delle strutture per fini magari estranei alla cultura industriale e materiale. Un approccio che talvolta ha portato alla perdita definitiva, magari per rottamazione o al macero, di macchinari unici e preziosi archivi aziendali, testimonianza impareggiabile del sapere e dell’ingegno di generazioni di lavoratori, scomparsi per sempre!
Questo sito vuole riproporre la figura di Bruno Corti come protagonista di una visione dell’Archeologia industriale oggi più che mai attuale e, purtroppo, minoritaria.